expr:class='"loading" + data:blog.mobileClass'>

giovedì 31 ottobre 2013

Economia thailadese

La Thailandia è un Paese fortemente esportatore, il 70% del Pil è rappresentato da esportazioni ed una fetta abbastanza ampia dal turismo. Le stime sono un po' contraddittorie, oscillano fra il 6 e il 10%, probabilmente perché alcune stime mettono in conto gli introiti in nero derivanti dal turismo adulto, altre stime non lo mettono in conto.

Secondo i dati più recenti le esportazioni in termini di Pil raggiungono la cifra di 228,822 miliardi di dollari, le importazioni 228,498 miliardi con 323,7 milioni di attivo nella bilancia commerciale. Non è uno dei Paesi con la bilancia commerciale più solida (si pensi ai 220 miliardi di surplus tedesco, i 115 della Cina, i 200 della Russia o i 253 dell'Arabia Saudita), ma è comunque un Paese in buona salute (non si può dire lo stesso per i Paesi occidentali, record negativo agli Usa con quasi 800 miliardi di passivo, gli UK con 163 miliardi o l'India con 154 miliardi).
E' un Paese tutto sommato solido, che è uscito con le ossa rotte dalla crisi delle tigri asiatiche di fine anni 90' ma che si è ripreso molto bene, anche nel settore bancario che più aveva sofferto in questa crisi.
Le banche thai oggi sono discretamente stabili.
La maggior parte del Pil viene dal settore secondario (44,7%) e terziario (42,9%), mentre il settore primario solo il 12,4%. Complessivamente il Pil thailandese ammonta a 345,649 miliardi di dollari.


Settore primario
 Il settore primario è da sempre quello che occupa la maggior parte della forza lavoro, si parla del 40% dei lavoratori, anche se è in continuo calo, si pensi che negli anni 80' rappresentava il 70% della forza lavoro.
L'indice di rendimento è però molto basso a causa delle scarse tecnologie adottate nel settore ma anche perché gran parte sono solamente piccole imprese a conduzione familiare, manca un forte tessuto di cooperative e consorzi in grado di innovare il settore. Come anche per gli altri settori, il privato in Thailandia è ancora troppo debole e investe poco, le uniche aziende privati fiorenti sono le grosse multinazionali che abbattono la concorrenza grazie ai salari a basso costo più che per l'innovazione o la qualità dei prodotti.
La produzione di riso è quella primaria nel Paese ed è molto presente sui piatti tipici thailandesi.
Il governo ha varato diverse manovre per aiutare gli agricoltori, tanto che lo stesso governo ha finora acquistato diverse tonnellate di riso, causando un crollo dei prezzi a causa della sovrapproduzione e difficoltà nella vendita dello stesso, mettendo nei guai anche i colossi asiatici limitrofi, fra cui la stessa Cina.
Anche l'allevamento fa la sua buona parte, tipici gli allevamenti di bufali, ma anche di pollame e volatili, quasi assenti quelli bovini che noi tanto apprezziamo.
La Thailandia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di cocco, ananas, olio di palma, frutta tropicale, riso, zucchero, granturco e uova.
Per produzione di zucchero è quinta al mondo con le sue quasi 80mila tonnellate e di uova con quasi un milione di tonnellate all'anno, prima per la produzione di tapioca (un tipo di farina), caucciù, terza per produzione di ananas in scatola. Forte anche la produzione di prodotti ittici, surgelati e non, e di sale.


La produzione agricola dall'inizio della crisi ad oggi è cresciuta di oltre il 10%.
Risorse straordinarie del Paese anche pregiate varietà di legname fra cui il teak, il sandalo, il sapan e l’ebano.




 Settore secondario
 Il settore secondario è preponderante nell'economia thailandese. Sebbene abbia solo il 14% della forza lavoro, produce oltre il 44% della ricchezza del Paese.
L'industria è in continua crescita in tutti i settori, non solo quella tessile (va forte l'industria di abbigliamento ed ahimè anche quella delle contraffazioni).
Massiccia la produzione energetica, di cui il 92% è prodotto da energie non rinnovabili (ma i governi cercano sempre di avvicinarsi a standard ecologici più "occidentali"), del resto è una nazione ricca nel sottosuolo (anche di gas naturale e in minor parte di petrolio).
La vera ricchezza del sottosuolo thai risiede nelle risorse minerarie fra cui spiccano piombo, zinco, antimonio, manganese e lignite.
Importanti le produzioni agroalimentari (di cui ho già parlato prima), la manifattura (rappresenta il 35% del Pil), la produzione di cemento e il settore metallurgico. Sebbene la Thailandia sia tra i primi esportatori di stagno, è un importatore netto di questa risorsa. E' invece il secondo esportatore mondiale di gesso.
La produzione industriale da prima della crisi ad oggi è cresciuta del 15%.
Nei dintorni la concorrenza nel settore tessile e manifatturiero è pesante, specie alla luce dei dati sulla crescita degli altri Paesi ASEAN e di potenze come Cina, Taiwan e Corea del sud, pertanto si sta cercando di orientarsi verso produzioni qualitativamente migliori, verso l'innovazione e la volontà di diminuire col tempo sempre di più l'incidenza delle produzioni a basso costo sulla ricchezza nazionale.
Attualmente comunque è un settore solido e le esportazioni, di cui massicce quelle verso il Giappone, sono fiorenti. Nel 2015 si vorrebbero abbattere i vincoli del mercato del lavoro nei Paesi ASEAN arrecando danni all'industria thailandese, stiamo a vedere gli sviluppi. I dipendenti thai sono i più ricchi dell'area, nonché quelli che hanno condizioni di lavoro migliori, la concorrenza dei vicini laotiani, cambogiani, malesi, ecc. potrebbe danneggiare l'economia thailandese. Il governo che ha mantenuto la promessa degli aumenti dello stipendio minimo nel 2012 ha già causato una parziale delocalizzazione verso i vicini Paesi a minor costo da parte di molte industrie (sebbene sia una manovra positiva per i consumi interni), una riforma del genere potrebbe peggiorare le cose.

In buona salute anche l'edilizia e il 
taglio di gemme.













Settore terziario
Il turismo è sicuramente una delle risorse più importanti del Paese, come dicevo prima incide per un'importante fetta del Pil grazie ai suoi quasi 16 milioni di turisti annui e sempre crescenti, anche grazie alla qualità dei mezzi di trasporto, delle infrastrutture, del marketing e della qualità (e varietà) del turismo offerto. E' il Paese probabilmente più interessante dell'area con la sua storia, modernità, le sue spiagge, il buon cibo e i prezzi concorrenziali, oltre all'ospitalità tipica dei thailandesi.
Il sistema scolastico è probabilmente uno dei peggiori, ma i governo che si susseguono investono molo nelle scuole, nell'assunzione di insegnanti madrelingua (per arricchire anche il turismo visto che è uno dei peggiori Paesi asiatici per qualità e numero di persone che parlano inglese) e nel rendere gli istituti più tecnologici (recente la distribuzione di iPad nelle scuole tanto per citare un esempio).
Anche nella ricerca si sta cercando di migliorare le cose, attualmente significativi progressi si stanno facendo nel tentativo di produrre un carburante alternativo composto in parte da petrolio ed in parte da derivati del riso.
Il sistema ospedaliero è solido ed offre ottimi servizi, tanto da essere fra i più apprezzati a livello mondiale per  il turismo medico, con le operazioni low cost di cambio del sesso, fecondazione in vitro, dentistica e quant'altro.
Ottime  anche le esportazioni di autoveicoli e prodotti di elettronica.
I trasporti sono molto ben organizzati, è sorprendente l'organizzazione e la fitta rete di trasporti per tutto il Paese (noi italiani avremmo dovuto fare altrettanto quando eravamo un Paese in via di sviluppo vista la geografia ostica del nostro Paese).

Altri indici importanti sono l'inflazione (3% circa annuo), il debito estero (71,3 miliardi), le riserve finanziarie internazionali (178,254 miliardi).
Insomma, è un Paese ben strutturato che dovrebbe avere grande importanza nel palcoscenico mondiale futuro, anche perché è probabilmente destinato ad essere il primo Paese dell'ASEAN, per numero il terzo più grande nucleo di consumatori del mondo. Il suo futuro se lo giocano i governi odierni, dipende dalle manovre integrative con i Paesi limitrofi e da come se la giocheranno in tema di sviluppo e incentivi per la produzione industriale.








foto 2 by TORIKAI Yukihiro, a Japanese economist, in 2004/09/01
foto 3 by Alan Murray-Rust